SOBRE GRAMSCI Y LA PROPAGANDA DEL VATICANO: UN BUEN ARTÍCULO EN L'UNITÀ
di Roberto Cotroneo
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Ieri il propenitenziere emerito del Vaticano, Monsignor Luigi De Magistris, nel corso di una conferenza stampa a Roma, ha affrontato la vicenda di un eventuale riavvicinamento alla religione cattolica di Antonio Gramsci, pochi giorni prima di morire. De Magistris sostiene che Antonio Gramsci morì chiedendo i sacramenti, e baciò un’immagine della Madonna con il bambino, che le suore portavano ai malati nella clinica romana dove ha finito i suoi giorni. Naturalmente non abbiamo nessuna prova storica e nessun documento che confermi questa tesi. Non ci sono lettere di familiari, non ci sono i rapporti della polizia, e c’è invece la volontà - allora più che mai non cattolica - di Antonio Gramsci di farsi cremare.
E allora perché, a distanza di 71 anni, questa uscita sorprendente? Sarebbe logica e spiegabile se fossero stati trovati dei documenti, delle lettere, una testimonianza sepolta da qualche parte che avallasse questa tesi. E invece nulla, voci, debolezze, paure delle ultime ore di vita, forse. Ma nulla che riapra questa storia. Eppure queste operazioni dubbie e discutibili sono la norma. Oggi è Gramsci, ieri fu Benedetto Croce. La coscienza laica e liberale di Croce si trasformò in una conversione, nel privato come sempre, mai nelle opere. Il marxismo innovativo di Gramsci, la sua forza intellettuale, la sua grandezza etica, la sua laicità, che si ritrovano in ogni pagina dei “Quaderni del carcere” e in ogni riga che Gramsci ha scritto, si stemperano ora in una immaginetta portata da una suora, e addirittura nei sacramenti.
Ha importanza? Se anche fosse vero non sarebbe certo uno scandalo. Ma in realtà c’è qualcosa di piccolo in tutto questo, qualcosa che non piace. È un’egemonia rovesciata quella che De Magistris esercita. L’idea che un uomo non si giudica per quello che pensa e quello che ha scritto, ma si giudica da tentennamenti privati, da piccole paure affiorate nei momenti ultimi, quando si è deboli, quando il mistero della vita ti appare tremendo e totalmente insolubile. E poco importa se Gramsci era incrollabilmente marxista e comunista, laico e ateo, e Benedetto Croca un liberale, un laico, un non credente: soprattutto poco importa che entrambi abbiano costruito con i loro libri, mattone per mattone, due filosofie della storia che mai hanno lasciato spazio a una simpatia neppure vaga per il cattolicesimo, o al conforto della fede.
Se lo avessero fatto avrebbero avuto vite diverse, avrebbero scritto opere diverse e non sarebbero stati quello che ancora sono. Ovvero i due più grandi filosofi italiani del secolo scorso. Raccontare, senza prove storiche, di immaginette e conversione è qualcosa che porta ad altro, è un disinnesco, come si potrebbe chiamarlo, è l’idea che poi alla fede ci arrivano tutti alla fine dei loro giorni, che quel passaggio è obbligato. È solo propaganda di cui non si sentiva per nulla il bisogno. Una propaganda buona per i fantasmi anticomunisti degli anni Cinquanta, che oggi appare stucchevole e fuori luogo.
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